La rubrica del tifoso ubriaco nasce con l’intento di dare voce alle emozioni del tifoso appassionato fin nell’animo degli azzurri; l’ansia pre-partita condivisa con la vita quotidiana, col lavoro o la moglie (con la quale spesso si dissimula…), l’esperienza delle code estenuanti in macchina per arrivare al San Paolo, la gioia o l’amarezza, il ritorno alla propria vita. La voglia è quella di raccontare aneddoti vissuti direttamente o indirettamente in tanti anni di “Napoli”, portare alla ribalta il volto genuino e sano del tifoso ubriaco di Napoli a partire dagli anni ’80 ad oggi.
Per capire meglio basterebbe appostarsi due ore prima davanti ai varchi dello stadio e guardare con attenzione; guardare le facce, le espressioni di attesa, di voglia di vivere la storia da protagonisti con la propria squadra. Mancano ore all’inizio? Ore o minuti è lo stesso. Tutti sembrano avere quella fretta allegra di entrare nel tempio della domenica calcistica napoletana; arrivano a frotte, a piedi, con i motorini insieme ai figli o le fidanzate, spesso con la “marenna” sotto al braccio e la sciarpa al collo.
L’intento è quello di raccontare qualche storia che si nasconde dietro quegli sguardi che non parlano di tattica o di mercato ma evidenziano una euforia “etilica” per la propria squadra.
Un accenno al caso Quagliarella? Meglio di no. Il tifoso ubriaco potrebbe esagerare. Meglio far passare la sbornia di emozioni e parlarne da sobri.
Alla prossima puntata.
Luciano Miele