Il Big Ben ha detto stop. Proprio nel momento in gran parte dei lavoratori e studenti si preparava a dare il benvenuto al mese di settembre, ormai rassegnati al fatto che era finita la pacchia estiva, i direttori sportivi italiani si ritrovavano, soddisfatti o no del loro lavoro, forzatamente “in vacanza”. Alle 19 del 31 agosto scorso si è, infatti, chiuso il calciomercato per i club della Seria A Tim.
Un mercato che ha fatto scintille nelle battute finali, facendo registrare molti colpi a sorpresa. Due di questi hanno ravvivato le speranze della Milano rossonera: il ritorno in Italia “IbraCadabra” e l’arrivo di Robinho, ennesimo tassello verdeoro nel mirabolante reparto avanzato milanista. Ma anche la Roma non è stata a guardare e, approfittando delle rivoluzioni nella squadra di Allegri, è riuscita ad accaparrarsi la prima punta tanto ricercata: Marco Borriello.
In tutte questi intrecci, il vero protagonista del calciomercato è stato IL PRESTITO, che da termine che odora di banca o di piacere poco gradito chiesto da un amico, si è trasformato in un sapiente strumento “sparagnino”, che ha che ha reso possibile anche gli scambi più improbabili.
Non è stato immune dal trend il mercato del Napoli, che con questo tipo di formula ha ceduto, per la delusione dei tifosi partenopei, Quagliarella ai rivali della Juventus, permettendo loro in tal modo di completare il reparto offensivo. Lo stesso reparto che Bigon non è riuscito a completare, dal momento che il giovane Dumitru e il “meno giovane” Lucarelli non garantiscono certezze, soprattutto ad una piazza che assaporava l’arrivo almeno di un “big”.
Bigon ha, invece, lavorato bene in uscita piazzando molti di quei giocatori che non fanno più parte del “progetto Napoli”, ad eccezione di Bucchi e Rullo, imprigionati dai loro stessi contratti e a cui è stato consigliato, a sentire qualche malelingua partenopea, di richiedere la tessera del tifoso.
In generale il mercato del Napoli non è stato negativo, poiché gli acquisti di giovani come Sosa e Dimitru fanno ben sperare in prospettiva futura, anche se non garantiscono l’immediato salto di qualità.
Se dovessimo dare un voto, si potrebbe pensare a un 6. Ma come ogni buon professore, speriamo che il campo smentisca le nostre perplessità e che i colpi dell’ “allievo” Bigon si dimostrino da lode e bacio accademico.
Sandro Vecchione