NAPOLI, 7 settembre – L’importante è esagerare: e, tra un dribbling e una finta, quel che resta del pocho è l’irresistibile desiderio di non negarsi niente, di prendersi il Napoli e trascinarselo in quella folle corsa verso l’estasi. Argentina-Spagna è il nobile intermezzo che dà spessore internazionale, però poi c’è il Bari, il ricordo della prima doppietta esterna e di quell’exploit ch’è valso la Euorpa League; e, a seguire, l’Utrecht, poi Cassano…. E poi e poi. La quarta sinfonia del Lavezzi napoletano è uno spartito mandato a memoria, una dolce cantilena che dal 17 agosto s’è impossessata di Castelvolturno: e quel «vincere, io qui voglio vincere» è la colonna sonora d’un club che non si pone limiti ma che ha chiari i traguardi suoi e del pocho.
TOP TEN – Il gol è un’ossessione altrui ma quel che manca a quel diavolo scatenato che semina avversari e confeziona assist in quantità industriale è la fatidica doppia cifra quota dieci – avvicinata nella sua prima e nella sua terza stagione napoletanae mancata per colpa di infortuni che a lungo hanno macerato Mazzarri, suo mentore in fase risolutiva:« Lui ha il gol nel sangue, deve solo rendersene conto e provarci di più, anche dalla distanza » . Il Bari è la prova della verità che Mazzarri ottiene il 18 aprile scorso, quando Lavezzi ne fa due – e uno dai trenta metri – assecondando le richieste dell’allenatore e premiando se stesso per caparbietà e istinto. Otto reti nel primo anno, sette nel secondo, di nuovo otto nel terzo: e, per cominciare, a Firenze, subito una traversa che testimonia la presenza, nel codice genetico, del gol, che non gli è certo sconosciuto.
Fonte: Corrieredellosport