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La febbre della napoletana doc di Amalia Di Palma

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Una volta c’era la febbre del sabato sera. Nel calcio, invece, per decenni la temperatura del tifo era solita salire la domenica pomeriggio. Poi sono arrivati i posticipi, gli anticipi e da quel momento in avanti la febbre non più ha avuto una collocazione precisa. Quest’anno le cose si sono aggravate quando si è deciso di introdurre, per esigenze televisive, l’anticipo della domenica alle 12,30. Così se prima, quando le partite si giocavano rigorosamente di domenica pomeriggio, bisognava fare presto a finire di mangiare, magari lasciando in sospeso frutta e dolce, adesso per una tifosa doc del Napoli l’organizzazione del pranzo si fa veramente difficile. Occorre sbrigarsi a preparare tutto prima del fischio di inizio e così ci si sveglia all’alba, con la speranza che il ragù sia pronto prima dell’inizio della partita, per non rischiare di dover divedere Lavezzi e compagni con i fornelli. Quante donne col cuore azzurro nella magica domenica in cui è andata in scena Cesena-Napoli hanno sperimentato la staffetta tra TV e cucina per riuscire a mettere in tavola il pranzo subito dopo la partita? Per questo in molte case è stata introdotta una regola fatta apposta per le partite delle 12,30: bisogna vederle rigorosamente in cucina, perché se poi il Napoli fa una delle prestazione alle quali ci sta abituando, la febbre azzurra aumenta ed il ragù è spacciato.
Senza parlare poi dei figli che saltellano per casa e che proprio in quei 90 minuti ti domanderebbero qualunque cosa pur di distrarti. La tattica più utilizzata da una coppia di tifosi è quella di “palleggiarsi” l’un l’altra i pargoli, aspettando che da un momento all’altro si arrendano e vadano a giocare altrove.
Poi c’è l’amica che odia il calcio e che proprio durante la partita del sabato sera viene a trovarti. Allora che si fa? Si può trascurare un ospite per il Napoli? Potrebbe sembrare scortese. Forse è meglio fare a meno di vedere la partite per stavolta … Ma, mentre si è assorti in pensieri di questo tipo, parte il collegamento, si sente la voce del telecronista che legge le formazioni e tutti i buoni propositi di ospitalità e cortesia svaniscono, e la cara amica deve sopportare la nostra febbre per tutta la durata della gara, riuscendo a scambiare qualche parola fuori contesto solo dopo la fine del primo tempo.
E’ dura la vita della vera tifosa, che è costretta a combattere contro l’effetto antipiretico di tante distrazioni per tenere sempre alta la febbre da tifo, che grazie ad un gol di Cavani, un dribbling di Lavezzi o una prodezza di Hamsik può sfociare in una gioia unica e indescrivibile.

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