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Ogni maledetta domenica di Giuseppe Favilla

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Ogni maledetta domenica.
La partita del Napoli.
Ogni tifoso che si rispetti, attende l’evento con una frenesia crescente inversamente proporzionale alle ore che lo separano dall’evento.
La sete di informazioni sugli infortunati, la formazioni, le dichiarazioni prepartita.
Le indiscrezioni che si infittiscono all’avvicinarsi del fischio di inizio.
L’ebbrezza da Napoli si impadronisce del tifoso, che a pochi minuti dall’evento cade preda della scaramanzia, con i suoi feticci e le sue consuetudini portafortuna.
Il rapporto col televisore diviene intimo ed esclusivo, con gli occhi proiettati nello schermo e le orecchie rapite dalla voce del cronista tifoso.
Perché si sa, la cronaca ufficiale “port pest”.
Il culmine della libidine, per colui che ha lavorato un’intera settimana aspettando quello che spesso è il suo unico momento di svago, è il fischio di inizio.
L’arbitro che porta il fischietto alla bocca rappresenta il big Bang dell’apoteosi calcistica,  il minuto zero del godimento del maschio della razza umana.
Ma come avviene nell’ordine naturale delle cose, per ogni bianco c’è un nero, per ogni alto un basso.
Quello che i cinesi chiamano lo yin e yang.
Lo yin la SSC Napoli, lo yang invece si manifesta in quel preciso momento, con una voce che sale stridula dalla cucina, interronpendo il rapporto orgasmico creato con il televisore full hd, comprato per vedere le partite al massimo della definizione.
I soggetti che argomentano le richieste sono vari, ma sempre pretestuosi, perché la padrona della voce che irrompe al fischio di inizio, semplicemente odia il calcio.
Ed ancora di più il nostro amore per esso.
Ma che ci trovi in ventidue deficenti che corrono dietro ad una palla ?”.
Parole che qualunque uomo ha sentito almeno una volta nella vita, e che riassumo il pensiero di una larga fetta della razza umana di sesso femminile.
Eppure, pur di non sentire quella voce, la sera prima sei stato zitto inghiottendo le lacrime di tutti e centocinquanta gli ospiti di Maria De Filippi, come amaro sciroppo, manco fosse la cura per quella voce impertinente.
Ma immancabilamente il giorno seguente, il rito si ripete con ineluttabile e diabolica precisione.
Gli espedienti variano di Domenica in Domenica.
Badare al bambino, il tubo che perde, e qualunque maledetto stratagemma per disturbare l’idilliaco momento del tifoso.
Perché lei può accettare tutto; che tu abbia un’amante, che vai a giocare d’azzardo, o che ti mangi tutto lo stipendio alle corse dei cavalli.
Ma non può accettare che per novanata sacrosanti minuti, l’accantoni per i mitici undici guerrieri che ami fin dalla nascita.
Ma al peggio non c’è mai fine.
E per il tifoso, il peggio è rappresentato dalla Domenica a casa della suocera.
Quando le voci stridule raddoppiano, ed indisponenti, coscenti del fatto che chi ha segnato è l’avversario ti chiedono: “ha segnato il Napoli?”, con aria colpevolmente innocente.
E tu, cocente ancora dalla rabbia, sei costretto a rispondere di no, che ha segnato l’avversario.
Ed in quel preciso momento che l’unico pensiero che ti conforta è, che non a caso, il primo stato moderno della penisola italiana a consentire nella propria legislazione il divorzio fu il Regno di Napoli, sotto il governo di Gioacchino Murat, quando il  1º gennaio 1809 entrò in vigore il Codice Napoleone.
Ed in alcuni casi può anche far più nero della mezzanotte.
Perchè proprio nei minuti finali, quando bisogna dare il massimo anche da casa per recuperare il risultato, perché si sa che il flusso benigno esiste, ed è provato scientificamente da un gruppo di scienziati tifosi, che i gufi si precipitano sulla preda come degli avvoltoi.
Si manifestano con un din don del campanello, presentandosi sull’uscio di casa.
E forti della vittoria ottenuta il giorno prima, possono comodamante gufare appollaiati accanto a te sul divano.
Così tutto il flusso che sei riuscito a produrre per inviare fino al San Paolo al fine di aiutare i ragazzi nella rimonta, viene risucchiato dalla macumba bianconera dei gufi, travestiti da parenti di tua moglie.
Sorrisetti, battutine, fanno parte del corollario di frecciatine che seguono di rito.
Ed al culmine, quando la pentola a pressione che c’è nella tua testa sta per fischiare con lo stesso suono dei tre fischi finali, che tua moglie, che ti ha obbligato a subire tutto questo, ti dice:” e che sarà mai? È solo una partita di calcio”.
Ed è solo dopo aver subito tutto questo che il tifoso diventa uomo e detta le leggi che regolamenteranno la vita familiare da quella domenica per tutte quelle che verranno a seguire, finchè morte non ci separi… dagli azzurri naturalmente.
E che sono:
–          La partita del Napoli si vede a casa propria.
–          Solo con parenti che tengono per gli stessi colori.
–          E dalla suocera si va la sera, solo quando il Napoli ha già vinto.
Perché ò Napoli è na cosa seria.

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