Il 12 Ottobre scorso si sarebbe dovuto disputare l’incontro di calcio tra le nazionali di Italia e Serbia.
L’incontro, valevole per le qualificazioni dei campionati europei avrebbe dovuto avere luogo allo stadio Ferraris di Genova.
L’ennesima partita, una festa, per tanti bambini che affollavano lo stadio.
La scena si avvicinava molto a quella che tutti coloro che amano lo sport più bello del mondo vorrebbero vedere ad ogni evento calcistico.
Ma purtroppo, ancor prima del fischio di inizio la festa era stata macchiata dai comportamenti teppistici dei sedicenti tifosi serbi.
L’entrata dei giocatori sul terreno di gioco, i fischi all’inno serbo, e due episodi significativi durante i soli sette minuti giocati.
A tutti, sia coloro che erano allo stadio, sia chi sperava di vedere una bella partita in tv, è parso chiaro che non sussisteva la serenità necessaria per proseguire.
Serenità che si è completamente diradata tra i cori farneticanti dei serbi, che sono presto passati dalle parole ai fatti.
L’ormai tristemente famoso “capo facinoroso” Ivan, ha diretto con una tronchesina tra le mani l’assurda e nociva orchestra di scalmanati che ha offerto un indecoroso spettacolo in mondovisione.
Così dopo pochi minuti l’incontro è stato sospeso, lo stadio si è svuotato, e chi voleva concedersi qualche momento di relax d’avanti al televisore ha dovuto subire le immagini di violenza in diretta da Marassi.
Dopo la prematura chiusura di gara, le cose sono andate perfino a peggiorare, con gli scontri tra la polizia e la delegazione di terrore serba.
E come sempre alla fine i Tg hanno spulciato dati alla mano i bollettini dei feriti.
Fin qui la cronaca.
Ma il vero scempio è avvenuto il giorno dopo.
Tutti contro tutti.
La polizia italiana messa sotto accusa, per una cattiva gestione dell’ordine pubblico si è difesa lamentando la latitanza di informazione da parte delle autorità serbe, che dal conto loro affermavano di aver rese edotte le autorità italiane della pericolosità dei tifosi.
E naturalmente tutte le forze politiche a cavalcare l’onda dell’insuccesso, per contestare l’una l’operato dell’altra, a difesa della poltrona con lo strumento dello “scarica barile”.
Dal mio piccolo credo che difficilamente verrà fuori una verità assoluta condivisa dalle tutte le parti.
Ma considerando le premesse di cui sopra, non poteva che essere un insuccesso.
Quando un numero di individui abbastanza consistente decide di portare lo scompiglio, e chi deve contrastarli decide di scegliere un profilo basso, non vi è dubbio che questi raggiungeranno lo scopo.
Qualcuno ha detto che non vi sono state le perquisizione del caso.
Quel qualcuno probabilmente non conosce il codice di procedura penale vigente in Italia.
Le perquisizioni vanno fatte su ordine della Magistratura, e solo in casi di necessità dalla polizia giudiziaria su iniziativa.
Ma solo in taluni casi, specificati dal codice.
Ed a ogniuna delle persone perquisite va rilasciato un verbale.
Se fosse vero che non vi è stata nessuna informativa da parte delle autorità serbe, sarebbe stato difficile, per gli agenti di polizia italiani andare a trovare gli estremi per effettuere le perquisizioni.
Ed è solo con la “perquisizione personale”, che è possibile scovare armi e oggetti atti all’offesa occultati sulla persona, che non deve essere confusa con il filtraggio che gli agenti fanno fuori dallo stadio, il quale rappresenta solo un controllo sommario e comunque non regolamentato da nessuna legge in Italia.
Poi immaginiamo se quelli che si sono rivelati dei teppisti, fossero state tutte brave persone, e fossero state sottoposte a perquisizione personale.
Molto probabilmente in quel caso i corpi dipolomatici serbi avrebbero gridato a metodi fascisti della nostra polizia.
Emerge dalle considerazioni di cui sopra, che col senno di poi è tutto molto facile.
Ma operare sul campo non lo è mai, specie per i nostri poliziotti, carabinieri e finanzieri, che oltre a carenze di organico – logistiche, soffrono anche di una vacanza legislativa sull’argomento.
Non mi esprimerò sui meriti e sulle colpe, ne tenterò di comprendere il perché di tanta violenza negli stadi.
Ma porro la mia attenzione su due specifiche categorie presenti allo stadio Luigi Ferraris.
La prima e quella dei polziotti che hanno lasciato moglie e figli a casa come qualunque impiegato che si reca a lavoro e che si trova suo malgrado ad affronare una becera e ceca violenza.
E dopo il digiuno patito per parecchie ore, le botte ricevute e la stanchezza per le ore in piedi, il giorno successivo hanno visto il loro operato messo comunque in discussione.
Consapevoli che la domenica seguente ritorneranno allo stadio a sentire stupidi cori di scherno che dovranno subire in silenzio.
La seconda e più importante e quella dei bambini.
I loro volti di fronte a quelle scene, non erano ne intimoriti ne arrabiati bensì stupiti.
Chi di noi avrebbe il coraggio di spiegargli ciò che è successo al Ferraris.
Credo di essermi vergognato, da persona adulta, per non aver saputo impedire tutto quello che successo.
E’ vero non ero presente ed anche volendo non avrei potuto fare niente, ma quando i bambini chiedono serenità, non c’è nessuna scusa, per nessuno.
Quindi che tutti si facciano un esame di coscienza.
Dalle teste pensanti a quelle che pensano solo a spaccare quelle altrui.
Giuseppe Favilla