Vorrei sempre cogliere le spiegazioni degli sconfitti, convinto sempre della loro buona fede. Ci sono volte, tuttavia, che – dati alla mano – senti la necessità di puntualizzare, di commentare una sconfitta non solo con le ragioni di chi le ha prese ma anche con gli argomenti di chi le ha date Questa settimana mi ha portato in disaccordo con Benitez e Mazzarri, entrambi vittime del calcio inglese. Non intendo far processi, solo rammentare che l’Inter e il Napoli sono stati sconfitti non da due squadre – Tottenham e Liverpool – ma da due uomini: Bale e Gerrard. Il “caso Benitez” è clamoroso, è intervenuto anche Moratti a dirsi scandalizzato perché la squadra della Triplice Vittoria non è riuscita a fermare lo scatenato terzino “alla Facchetti”, veloce, potente, piedi buoni quanto basta per saper tradurre in gol imparabili o assist perfetti il controllo del pallone a cento all’ora; ma soprattutto, già “fotografato” nella partita d’andata. Meno scandalosa – e tuttavia discutibile – la libertà concessa a Gerrard, indiscusso campione che solo Hodgson poteva tenere in panchina, facendo immaginare che avesse chissà quali problemi fisici: quando lo ha fatto entrare, il Napoli si è limitato ad ammirarne la condizione strepitosa che gli ha permesso in pochi minuti di ridimensionare eppoi azzerare le speranze suscitate dal felice gol di Lavezzi. In settimana, gran processo al calcio italiano che risulterebbe incapace di tener la testa di quello inglese per motivi tecnici e tattici. Benitez ha risposto presentando l’elenco degli infortunati, Mazzarri quello degli spremuti, che fino a prova contraria è realtà molto meno dolorosa; non mi hanno convinto: un po’ di umiltà catenacciara avrebbe ridimensionato Bale (come è evidentemente riuscito a fare il modesto Bolton, ieri vittorioso sul Tottenham) e fermato Gerrard. Ma si sa: il catenaccio, ormai, lo fa solo Mourinho. Uno che se gli va bene anche con il Real Madrid ci dirà che il calcio l’ha inventato lui. E invece ha fatto solo tesoro della lezione italica. Il Napoli torna in campo, oggi, forse con le turbanti immagini del dirompente Gerrard; e farebbe bene ad allontanarle, dimenticarle: il Parma non è l’avversario migliore per rifarsi il morale, ovvero può esserlo solo se alla fine dei novanta gli azzurri saranno riusciti a domarlo. Il Parma ha una classifica immeritata, ha buttato punti perché Marino non è ancora riuscito ad assemblare il gruppo, perché non ha potuto – soprattutto – utilizzare Giovinco che nei suoi progetti aveva un ruolo speciale: dai suoi pedini-buoni doveva partire il gioco intenso e brillante che piace all’ex allenatore dell’Udinese. Progetto rinviato, dunque; magari al San Paolo, magari all’odierno confronto con il Napoli che nel frattempo ha rappresentato con il Chievo e il Milan le sue paradossali difficoltà casalinghe. Se da una parte Marino schiererà un “tridentino” con Candreva, Bojinov e Giovinco, mentre Mazzarri potrà presentare i suoi Tre Tenori, sicuramente più temibili, mi resta la convinzione che alla fine vincerà chi avrà saputo meglio organizzare centrocampo e difesa
Italo Cucci per il Roma