27 dicembre 2010 – Il primo Natale di Fabio Cannavaro lontano da Napoli ha avuto protagonisti e sapori di sempre: cambiato solo il clima perché a Dubai si sta in spiaggia. Le mozzarelle arrivano dal solito rinomato caseificio di Aversa – lo stesso che le faceva arrivare fresche anche a Duisburg, nel ritiro mondiale -, mentre Mamma Gegè ai fornelli ha preparato tutti gli sfizi tipici della cucina napoletana, struffoli compresi.
Tre generazioni di Cannavaro si sono riunite negli Emirati, insieme ad amici (Morgan De Sanctis e Cristiano Lucarelli): “Perché lo spirito della famiglia è sempre lo stesso”, assicura Fabio che da quasi 5 mesi si è trasferito in questo ricco corno d’Africa. Ancora convinto della scelta? “Sì. Ho scoperto un mondo nuovo, affascinante.
Qui ci si confronta con gente di 154 nazionalità diverse. E poi le loro tradizioni sono radicate e sentite. Penso al Ramadan, che visto da qui non è solo preghiera e privazione, ma un modo per stare insieme all’imbrunire. Per tenere unita la famiglia, da provare”. “In azzurro ho avuto la fortuna di far parte di una generazione di grandi campioni, che a Berlino è riuscito a raccogliere, nel pieno della maturità, il massimo: quella era l’ultima chiamata.
Ora è logico si paghi la fine di un ciclo.” E calcisticamente? “Questo non è un circo, come qualcuno ha detto. Stanno organizzando un campionato sempre più competitivo ma senza perdere di vista la crescita dei loro vivai. Infatti ogni club non può avere più di tre stranieri. Ci vorrà tempo, ma hanno idee chiare.
La mia squadra, l’Al Alhi, va benino: O’ Leary è un tecnico molto preparato e con lui parliamo lo stesso linguaggio. E’ arrivato che la squadra era già allestita, in un paio d’anni si punta in alto. Spero di vincere anche qui dopo averlo fatto in Spagna. Spesso abbiamo sofferto nei risultati perché diversi nostri atleti fanno parte della rappresentativa degli Emirati e tornano stanchi dagli impegni internazionali.
Del resto io ne so qualcosa di Nazionale”. Le manca? “Sì, molto. Perché tutta la mia carriera è stata scandita dall’azzurro. Da piccolo sognavo di battere il record di Bruscolotti al Napoli, sono andato oltre con ben 79 partite di capitano in Nazionale: chissà se qualcuno un giorno passerà quel limite.
Dalle giovanili sino a Berlino, al Sudafrica ho vissuto emozioni grandissime. Con la grande delusione dell’Europeo perso nel 2000, ma con l’immensa gioia di aver alzato la Coppa. Il mio orgoglio è quello non solo di vestire più di tutti la maglia prestigiosa, ma di aver vinto la Coppa del Mondo”.
Poi in Sudafrica solo lacrime. “Mi dispiace che qualcuno abbia goduto di più per quell’eliminazione che per la vittoria in Germania. Ma sapevamo che era impensabile rivincere il titolo, anche se eliminati al girone non credevamo fosse possibile. Ripensandoci ho avuto la fortuna di far parte di una generazione di grandi campioni, che a Berlino è riuscito a raccogliere, nel pieno della maturità, il massimo: quella era l’ultima chiamata.
Ora è logico si paghi la fine di un ciclo. Per Prandelli non sarà facile: l’ho chiamato per dargli l’in bocca al lupo. Mi pare che i presupposti di un gruppo unito ci siano. In tv non riesco sempre a vederli da qui. Avevo la diretta la sera di Genova, ma lì abbiamo fatto tutti noi italiani una pessima figura”.
Fabio al ritorno dal Sudafrica. Ansa Ha sentito Lippi? “Sì, più volte. Così come mi hanno chiamato vecchi amici: il direttore Antonello Valentini, Gigi Riva”. Un ricordo di Bearzot. “A Coverciano ho avuto la fortuna di conoscerlo e di conversare più volte con lui. Mi ripeteva: ‘Con me giocheresti sempre’.
Dava una carica incredibile. Non scopro io le sue qualità eccellenti. Brutta perdita”. La telefonata più curiosa da Coverciano. “Quella di Chiellini e Quagliarella quasi intimoriti di entrare in quella camera 202 che ho occupato per 15 anni. La prima volta me l’assegnarono con l’Under 21.
Non ho mai cambiato e lì dentro ho alimentato speranze e sogni che da ragazzo fortunato ho realizzato”. A proposito di grandi azzurri in difficoltà: Gigi Buffon fatica a rientrare e Delneri per un paio di volte è stato duro con lui. “Mi viene da ridere a leggere certe dichiarazioni. Gigi sta bene, presto rientra: lui ha il numero 1 stampato sulla pelle e non ha bisogno di dimostrare niente.
Mi piace pensare che l’allenatore l’abbia fatto per stimolare Storari”. Ale Del Piero e Ciro Ferrara non se le sono mandate a dire sul recente passato. Era ancora la sua Juve: che è successo? “Fare l’allenatore con un gruppo di giocatori esperti come lo eravamo noi in bianconero, non è stato semplice nemmeno per Ciro.
Ma non è stato tutto negativo quanto è successo l’anno scorso. Nelle loro discussioni non voglio entrare, per rispetto. Forse sarebbe stato meglio chiarirsi a quattr’occhi, piuttosto che parlare sui giornali. Ma mi piace ricordarli in quelle immagini bellissime: insieme in albergo a Tokyo a festeggiare la Coppa Intercontinentale”.
La politica societaria Juve è cambiata: da John Elkann che ha accettato tutte le responsabilità di Calciopoli, ad Andrea Agnelli che non nasconde di rimpiangere quei tempi, difendendo pure Moggi. “E fa bene. Perché quella squadra era la più forte sul campo”. “Anche da Dubai penso alla tanto pubblicizzata monnezza di Napoli.
Io che vivo a Dubai sono arrivato al limite della sopportazione. Penso, però, sia arrivato il momento di svegliarci come napoletani, fare ognuno qualcosa senza aspettare solo le scelte della politica. Sulla differenziata bisogna partire dal basso, dai nuclei familiari.” Ma le sembra normale acquistare delle schede telefoniche per poter parlare privatamente con gli arbitri? “No.
Non lo è. Ma più o meno tutti avevano relazioni non proprio trasparenti. Bisogna fissare regole certe e lasciare gli arbitri sereni e tranquilli. Perché tutti possono sbagliare”. Che effetto le ha fatto scoprire da un’inchiesta giudiziaria che Parma e Verona erano di Tanzi e per questo il Napoli nel 2001 finì in B? “Brutto effetto.
In Italia abbiamo le regole di Pulcinella. Che nessuno rispetta. Se non ci diamo una svegliata tutti..”. Il suo pensiero sembra andare oltre. “Sì, penso alla tanto pubblicizzata monnezza di Napoli. Io che vivo a Dubai sono arrivato al limite della sopportazione. Penso, però, sia arrivato il momento di svegliarci come napoletani, fare ognuno qualcosa senza aspettare solo le scelte della politica.
Sulla differenziata bisogna partire dal basso, dai nuclei familiari. E poi sperare che in primavera, quando sarà eletto il nuovo sindaco, si possa puntare su giovani di nuove generazioni. Perché non è possibile che con il Golfo più bello, Napoli non abbia un porto moderno, sia senza un palasport e con uno stadio che cade a pezzi dove vengono ristrutturati solo gli spogliatoi perché ci entrano le telecamere”.
Da Napoli al Napoli? “Gruppo eccellente. Si vede l’ottima mano di Mazzarri. Alla lunga emergeranno i club più attrezzati, ma se continua così in Champions può andare. E se poi arrivasse qualcosa in più.. vuol dire che da tifosi andremo a piedi al Santuario della Madonna di Pompei”. De Laurentiis dice che Paolo è vicino al rinnovo del contratto.
“Ah sì? Certe questioni economiche non mi competono. Dico solo che Paolo è cresciuto tantissimo. Non è più il.. fratello di Fabio. Ma per fare un matrimonio bisogna essere in due. Lui ha creduto nel progetto quando si era in B. Per questo non ha avuto i premi per i risultati ottimi delle ultime stagioni ed è rimasto in silenzio.
Ora deve dimostrare di crederci anche la società. Perché non si può fare leva solo sullo smisurato amore per la maglia della nostra città”. Che succede all’Inter? “Intanto complimenti per tutto quello che hanno vinto in un anno solare. Benitez è bravo, ma poteva aspettare qualche giorno per parlare.
Come clima in casa nerazzurra sembra essere tornati 5 anni indietro. In bocca al lupo a Leonardo”. “Sto bene a fari spenti. Smaltisco lo stress di tanti anni. Qui posso uscire anche tutte le sere e andare in discoteca. Perché se non bevi e non fumi, come me, non è un problema tirar tardi la sera. Purtroppo da noi si vive un clima esasperato. Questa dimensione mi piace” GazzettadelloSport.