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Corbo: "Malinconica resa a Milano, sudamericani ancora in ferie"

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Il Napoli dell’anno record non è mai tornato dalle ferie. Sbilanciato, impigrito, smemorato. Ha dimenticato anche se stesso. La malinconica resa accredita l’Inter: il club campione del mondo, ora settimo a 10 punti dal Milan, da ieri corre per lo scudetto. Onesto il Napoli non aveva mai pronunciato quella parola. Meno male. I suoi orizzonti sono ancora corti, li ha incupiti Mazzarri con l’ultima intervista. Vede nemici uscire dall’ombra per fermare “il Napoli che fa paura”. Calma, torni alla realtà e lotti per la Champions. Domenica si rigioca. Per fortuna la Juve, come il Napoli, è fuori forma. Da far paura.
C’era un solo interista da marcare stretto. Stankovic. Ma è proprio lui a inventare il primo gol per Thiago Motta. Che valore si può dare a questo inizio-choc? Il Napoli deve rimettersi in partita con le idee confuse. Non è facile, ma vi riesce finché applica il disegno che aveva preparato per sorprendere l’Inter. Pazienza infatti va a bloccare Stankovic, convincendolo ad arretrare quasi sulla linea mediana, davanti ai tre che formano una trincea avanzata. Thiago Motta a sinistra, Cambiasso al centro, Zanetti a destra. Confida nelle classiche ripartenze, ma all’inizio solo Lavezzi sembra ispirato.
La chiave tattica è chiara. Doppia. Il Napoli tenta di ripartire operando sulla fascia destra, dove però non trova l’adeguato appoggio in Maggio. L’Inter invece punta sulla corsia opposta, la sua destra. Dove scopre vuoti imprevisti. C’è un Dossena troppo debole per arginare Maicon, e il brasiliano rimarca il divario quando piomba come ai vecchi tempi, con una potenza travolgente, un convoglio ad alta velocità. Il cross invita Cambiasso al raddoppio con un inserimento simile a quello che aveva consentito a Pazienza il momentaneo pareggio. Il primo tempo ripropone il dubbio sulla difesa a tre del Napoli. Che dà spesso ottimi risultati. Ma richiede delle condizioni: che gli esterni siano invalicabili sulle zone di competenza. Maggio invece è un pendolo che non trova la posizione giusta a destra, troppo basso a volte, altre troppo alto e non sa neanche dare il colpo risolutivo. È lui che fallisce il raddoppio del Napoli nel primo tempo, con una scarpata larga, più che un diagonale netto, senza che nessuno gli faccia velo.
Difendersi in tre diventa un rischio con gli esterni disorientati e con almeno due protagonisti della fase offensiva che non ripartono secondo consuetudine. Hamsik che dovrebbe disturbare Cambiasso e Cavani destinato a infastidire in fase passiva le fonti di gioco arretrate sono evanescenti. Questo assetto così approssimativo e sdrucito consente all’Inter alla fine del primo tempo di sistemarsi meglio. I campioni che avevano patito qualche contropiede, che non sapevano dove braccare Lavezzi perché concedevano spazi centrali sulla trequarti in una squadra spezzata in due, si saldano poi in un centrocampo che appare superiore per fisicità e intesa, laddove Gargano rientrato dalla linea di miele in Uruguay corre molto, ma la sua generosità è pari solo alla opacità delle idee. Mazzarri deve inventare quindi qualcosa di nuovo per invertire i rapporti di forza. Lascia in campo ancora Dossena, che si fa notare solo quando accompagna in un innocente volo d’angelo Thiago Motta, che gira dal limite dell’area di testa un corner di Pandev. È passata quasi un’ora e il Napoli non sa come reagire, né modifica nulla: posizioni, distanze, ritmi. La sostituzione di Gargano segnala la pessima condizione del piccolo maratoneta sudamericano, ma Yebda non sembra in grado di dare una svolta a una partita fatalmente segnata. Lo stesso per Zuniga, che rileva Dossena in attesa di Sosa per Pazienza. Come scrivere sulla lavagna i nomi dei cattivi. Tutto qui. Ma dalla panchina non arrivano lampi di guerra. Convergono solo rassegnati spettatori di un’Inter tronfia. Sembra persino più forte di quella che ha appena conquistato il mondiale e si rimette in corsa per lo scudetto.
Antonio Corbo per ” la Repubblica”
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