Penso a quello che sarebbe accaduto se la Roma avesse giocato al Ferraris alla stessa ora di lunedì, a Piazza Affari aperta: immaginatevi le azioni durante il primo tempo e poi sullo 0-3, e alla fine sul 4-3 per il Genoa.
Intanto Ranieri ha mollato, arriva Montella, gradito ai giocatori, in attesa forse di Ancelotti a giugno. La testa della classifica adesso è un po’ più lontana sia dalla Roma che dalla Juventus, ossia due squadre costruite nel passato e rifatte nel presente, adatte a competere per lo scudetto. Non è l’opinione di un tifoso (a proposito, qual’è oggi la reale differenza tra un tifoso di calcio e un tifoso di un partito o di un’area politica?): lo dicono i fatti. La Roma ha battuto l’Inter in casa, ha giocato alla pari con l’Inter fuori casa salvo poi abbassare la guardia e prenderne cinque, ha comunque battuto il Milan al Meazza. La Juventus ha appena battuto l’Inter osannata del “nuovo” Leonardo. Per carità, nel livellamento verso il basso ci sta tutto, ma rimangono fatti e risultati, e non opinioni o tifo.
La testa della classifica, dunque: delle prime tre, solo una ha vinto senza aiuti arbitrali e anzi ha sbagliato un rigore peraltro apparso ineccepibile. Dico del Napoli ovviamente, che a dimostrazione di quel “ci sta tutto nel livellamento verso il basso” che paghiamo nelle Coppe e in Nazionale ha anche trovato il modo di soffrirselo, e soffriggerselo, il successo sul Catania in zona retrocessione. Ma non ha avuto regali arbitrali. Invece – ma tu guarda lo spirito del tempo sotto la Madonnina evocato più volte anche da Moggi defenestrato nel 2006 dalla Mole ma profondo conoscitore del ramo –, la prima e la terza, il Milan e l’Inter, hanno vinto di misura grazie a sesquipedali errori arbitrali.
Ho apprezzato molto, e lo dico senza ironia, gli esperti in studio del digitale di Mediaset che fin dall’intervallo di Chievo–Milan hanno rimarcato il braccio di Robinho abbonato dall’arbitro Banti in un modo raccapricciante. Provate solo a immaginare se fosse accaduto a Pellissier, dall’altra parte. Mani, era mani, gol da annullare hanno chiosato Pistocchi e soci. Poi nel dopo partita sono scivolati in una sorta di resipiscenza (non è una parolaccia…) mentre veniva intervistato quel sagace Allegri, arrampicandosi sul fatto che fortunatamente poi il Chievo aveva pareggiato e quindi il gol di Robinho, pur irregolare, non era stato decisivo.
Valutazione che tratta la matematica più o meno come una Ruby qualsiasi: ma scusate, se è finita 2-1 per il Milan, al di là di come vanno le partite se segna prima uno o l’altro e in base a quando segnino, senza il gol di Robinho finiva 1-1, stando così le cose. Due punti in meno, o non so più far di conto? L’obiezione di Galliani sarebbe: e bravo tu, il giorno prima anche l’Inter – terza in classifica – aveva battuto il Cagliari con un gol solo e segnato con Ranocchia in macroscopico fuorigioco. Gol anch’esso da annullare. Quindi, potrebbe evincerne il Galliani, ci è stato semplicemente ridato il maltolto. Non fa una piega, se si accetta la logica per cui ci sono due squadre, le milanesi, dove prima ce ne erano tre, le stesse più la Juve e qualche volta la Roma, che si spartiscono le spoglie di campionato e potere. Ma il Cagliari e il Chievo sono due squadre di fessi? Ditecelo, così si fa prima.
E il Napoli di De Laurentiis, ammesso che tenga fino in fondo per suo merito, avrebbe perfino il diritto di vincere il campionato o sarebbe uno scudetto “perso” per il Palazzo perché uscito da Milano? Lo so, sono teorie moggesche almeno all’apparenza: ma invece di ricadere sotto le definizioni di comodo, perché non si risponde alla domandina semplice semplice che segue. Se fosse accaduto alla Juve di Moggi sotto forma di Ranocchia e di Robinho quello che abbiamo appena visto, avreste pensato alla buona fede degli arbitri o a una loro “cricca” teleguidata dal Belfagor di Monticiano via Civitavecchia? Sì? Davvero? Bugiardi, non vi mentite addosso, oppure spiegatemi il motivo perché allora gli arbitri erano dei delinquenti e adesso sono dei fischietti garruli e distratti. Da Milano a Roma, magari in quei bolidi ad Alta velocità su cui – recita il capotreno – “c’è una squadra addetta alla pulizia delle toilettes”. Che vuol dire, mi domando sempre, che gli altri sono già puliti, che questi li puliranno, che c’è il rischio che sia capitato su un treno più sporco, che si alluda a quando arriveranno gli Ntv di Montezemolo, Della Valle e Punzo “allora sì che ci divertiremo e saremo pulitissimi”? Ma non divaghiamo e torniamo a Roma, cioè al preponderante versante romanista, andando la Lazio invece benissimo di suo assistita da modestia e umiltà e qualche giocatore sopra la media, e dal latino del suo presidente.
Puntiamo il compasso sulla Roma: al centro c’è la squadra, un’ottima squadra con 15/18 elementi in grado di competere sia in Italia che in Europa prova ne sia che spesso chi è rimasto fuori ha mugolato. Si può obiettare che forse altri tre o quattro unità non avrebbero guastato. Vero. Ma un Menez sopra le righe, un Borriello ben ambientato, un Mexes spesso superbo ecc. hanno comunque compensato alti e bassi altrui. E in ogni caso fino a Natale non c’erano stati sconquassi, ma una qualificazione in Champions e una classifica promettente, quasi a dire “siamo partiti anche stavolta in sordina ma c’è sempre la stoffa del finisseur”, in attesa del volatone di aprile/maggio. Poi allarghi il compasso e c’è subito l’allenatore, un eccellente allenatore fino a ieri, romanista e romano (nell’ordine) fino al midollo, ma europeizzato: Ranieri, che si è dimesso come non accade specie di questi tempi a nessuno o quasi in Italia, in alcun campo (non di calcio). La domanda è: che distanza c’era tra la squadra e Ranieri? Quella giusta? Pare di no. Troppa, o troppo poca? Che ci suggerisce la prossemica? Che Ranieri dovesse basculare tra Unicredit, la Sensi, la dirigenza e Totti e gli altri.
Bascula oggi bascula domani, negli ultimi due mesi invece che basculare ha rinculato. Mentre, ce lo dice il compasso, allargando troviamo i casini (leggi: i debiti) societari, la Banca stufa di accollarsi stipendi, acquirenti ancor oggi nebulosi e quella Borsa di cui scrivevo all’inizio. Se allarghi ancora il compasso trovi Roma, le radio romane a squarciagola, la “fede” giallorossa sostitutiva di quella vaticana, un clima che si fa pesante in fretta. Routine. Adesso è saltato Ranieri, e la Roma forse costa meno. Chi la compra? Il compasso ancora non ce lo dice.
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