Fabrizio Lucchesi, direttore generale del Pescara, è stato il manager della Roma campione d’Italia nel 2001. L’ultima squadra ad aver interrotto l’egemonia di Milan, Inter e Juve, testimoniata da diciassette titoli in vent’anni (uno revocato al club bianconero dalla giustizia sportiva).
Ha letto le dichiarazioni di De Laurentiis sulla spaccatura tra le tre big (Milan, Inter e Juve) e le altre diciassette? «Sì, certo. Credo che Milan, Inter e Juve abbiano vinto tanto perché hanno avuto statisticamente le squadre più forti».
Come riuscì la Roma di Capello ad interrompere quella serie di vittorie sull’asse Milano-Torino? «Costruimmo una super squadra, vincemmo senza l’aiuto di nessuno perché eravamo oggettivamente di un livello elevato. L’anno prima era riuscita a vincere anche la Lazio a costo di notevolissimi sforzi».
Ma c’è sudditanza nei confronti dei grandi club da parte degli arbitri e delle istituzioni calcistiche? «Sudditanza? Quando si alza l’asticella, una certa attenzione c’era e c’è».
Nel 2002 la Roma non riuscì a ripetersi. «Pensavamo di avere una squadra ancor più forte di quella che vinse lo scudetto e invece…».
Vi misero i bastoni tra le ruote? «Era l’anno in cui Sensi, il presidente della Roma, puntava a guidare la Lega: c’era qualcosa di particolare nell’aria, ecco».
Il fair play finanziario potrebbe cambiare la scena, avvicinando le tre big ad altre squadre? «Nel caso del Napoli, un club virtuoso grazie al lavoro di De Laurentiis, assolutamente sì. Il fair play è una necessità che nasce anche da amarissime esperienze, come quelle vissute da Parma, Napoli e Fiorentina, che hanno evidenziato la gravità del doping amministrativo. Se l’unica regola fosse quella di investimenti proporzionati ai guadagni, però, le prime tre resterebbero sempre le prime tre. Occorre un equilibrio generale e in questo modo davvero una società come il Napoli colmerebbe il gap»
IlMattino